I giacimenti auriferi primari
L’orogenesi Alpina
Le Alpi sono una catena a doppia vergenza, nella quale le unità corrispondenti alla parte assiale sono state progressivamente sovrascorse sulle sue porzioni distali (margine della placca europea verso nord e margine della placca adriatica verso sud), originando nel corso dell’orogenesi Alpina un edificio a falde. Il processo di impilamento delle falde ha generato come conseguenza un locale ispessimento litosferico. Ha avuto luogo un effetto di sollevamento isostatico che ha provocato il progressivo uplift della catena Alpina rispetto le aree circostanti di avampaese europeo ed adriatico. L'erosione conseguente al sollevamento è il principale motivo per il quale si può ritrovare l'oro nei depositi eluviali (nei pressi dei depositi primari) ed alluvionali (concentrato dai corsi d'acqua). Il progressivo sollevamento della catena alpina è proceduto in direzione assiale da SW verso NE.
E’ grazie alla formazione delle Alpi se ancora oggi possiamo ritrovare interessanti e talvolta produttive mineralizzazioni.
L’oro del Monte Rosa
All’orogenesi Alpina è correlata la genesi di depositi auriferi mesotermali, caratterizzati dall’associazione di oro e solfuri in ganga quarzosa e carbonatica, ritrovabili ad esempio presso le testate delle valli meridionali del Monte Rosa (Pettke et alii, 2000, 1999; Pettke & Diamond, 1997). I giacimenti degni di interesse tendono ad essere comunque in numero esiguo e tipicamente sono costituiti da filoni strato o filoni discordanti composti da abbondante ganga quarzosa e minori solfuri e solo in alcuni casi è visibile oro nativo nella mineralizzazione. Tendenzialmente l’oro è presente come fase di riempimento di fratture tardive ed è associato a galena in ganga quarzoso-carbonatica (Curti, 1987; Lattanzi et alii, 1989). L’oro tende a contenere una percentuale argentifera variabile dal 10 al 20% ma l’argento è contenuto anche nei solfuri presenti talvolta (Pipino, 1982, 2000). I giacimenti polimetallici auriferi presenti alle testate delle valli meridionali del Monte Rosa (es. Sesia e Val d’Ayas) formano un esteso complesso di sistemi filoniani incassanti entro la parte sud-occidentale dell’omonima unità pennidica superiore (falda del Monte Rosa), correlato a lineamenti e strutture tettoniche a carattere duttile-fragile tardive, le quali tagliano a loro volta le strutture compressionali alpine, sottolineando quindi i tempi più recenti in cui si sono messe in posto tali mineralizzazioni rispetto la deformazione alpina principale (Cerri et alii, 2017; Cesti et alii, 1984, 1985; Lattanzi et alii, 1989; Pettke & Diamond, 1997).
Principali mineralizzazioni aurifere mesotermali delle Alpi nord-occidentali (Ellis et alii, 2004).
I filoni d’oro
Al “Distretto del Monte Rosa” afferiscono i sistemi filoniani osservati presso la miniera dei Cani-Val Bianca (es. media valle Anzasca) ed i sistemi ritrovabili in valle Antrona, i quali sono stati inseriti, dal punto di vista geologico-strutturale, per quanto riguarda il primo caso, nei ricoprimenti pennidici rappresentati dall’unità Camughera-Moncucco (antiforme di Vanzone) e per il secondo nella falda costituita dalle metaofioliti di Antrona. Minori manifestazioni filoniane aurifere si trovano verso sud, ad esempio in val Toppa (es. Pieve Vergonte) e in alta val Mastallone (es. Rimella). Entrambe sono localizzate in posizione prossimale alla Linea del Canavese e sono ospitate entro rocce milonitiche, le quali sono derivate dalle adiacenti unità Sesia-Lanzo e Ivrea-Verbano (es. Scisti di Fobello e Rimella). Presso l’area del Monte Rosa in senso stretto, si trovano estesi corpi filoniani, alle volte isolati oppure raggruppati a formare “sciami”. Si sviluppano secondo una direzione con trend strutturale NW-SE in Valle Anzasca (es. Pestarena-Val Moriana, Borca e Val Quaranza) e WNW-ESE in Val Sesia e Valle del Lys (es. Mud-Jazza, Kreas-Solegna, vallone delle Pisse e vallone d’Indren) (Pettke & Diamond, 1997).
In prossimità dei depositi primari è possibile ritrovare l’oro eluviale, alle volte anche di grande dimensione ed elevato interesse collezionistico.
Passando a caratterizzare i corpi filoniani appena discussi, essi sono stati descritti sia come filoni-strato subconcordanti rispetto la sequenza litologica incassante (es. micascisti, paragneiss ed anfiboliti), sia come filoni discordanti rispetto alla scistosità regionale. I depositi filoniani tendono a conservare caratteristiche molto simili. Ad esempio, la paragenesi metallica è costituita in generale da prevalente pirite ed arsenopirite (variamente aurifere), subordinata galena, blenda, pirrotina e calcopirite, con quantità accessorie di solfosali di argento, rame, antimonio, bismuto e mercurio (Lattanzi et alii, 1989; Pettke & Diamond, 1997). La ganga è composta principalmente da quarzo e carbonati. È degna di nota la presenza occasionale di scheelite (CaWO4), talvolta in percentuali rilevanti. L’oro è localmente associato ai solfuri e solo raramente è osservabile nativo disperso nel quarzo idrotermale. Il tenore dell’oro è variabile da qualche g/t a decine di g/t con localizzate eccezioni. Ad esempio, sono stati osservati tenori fino ad alcune centinaia di g/t presso Pestarena (es. Peschiera e Pozzo Speranza). Le concentrazioni con elevato tenore presentano una ristretta cubatura e costituiscono fasce ristrette, sviluppate per qualche decina di metri, di solito fortemente inclinate. La distribuzione degli sciami a carattere filoniano mostra chiaramente relazioni di dipendenza con le deformazioni tettoniche post-metamorfiche in regime fragile sviluppatesi presso il Massiccio Cristallino Interno del Monte Rosa in età tardo-alpina (Lattanzi et alii, 1989).
L’oro si può trovare nativo nel quarzo idrotermale come in esempio. E’ da sottolineare che questi casi sono molto rari e limitati lungo le Alpi, con locali eccezioni (es. Brusson).
I depositi mesotermali
Il modello genetico più accreditato per quanto concerne le manifestazioni filoniane afferenti al distretto aurifero del Monte Rosa tiene conto dei dati geochimici e radiometrici di deposizione delle mineralizzazioni (Pettke & Diamond, 1997). Tale modello ipotizza una migrazione dei fluidi idrotermali, in condizioni mesotermali, sviluppati a seguito di reazioni di devolatilizzazione metamorfica nei calcescisti in profondità. Tali reazioni hanno avuto luogo durante l’esumazione delle falde in tempi tardo-alpini e sono avvenute in modo differenziale procedendo lungo la catena alpina da SW verso NE. L’oro sarebbe stato lisciviato dalle metabasiti dai fluidi in ascesa lungo corridoi deformativi preferenziali, quali ad esempio faglie e zone di taglio. La mineralizzazione si è formata probabilmente durante la risalita a causa della concomitanza di differenti condizioni: depressurizzazione, diminuzione di temperatura, variazione di pH e boiling, condizioni che hanno prodotto un repentino cambiamento nelle condizioni locali (Pettke et alii, 1999, 2000; Pettke & Diamond, 1997). E’ stato in particolare riscontrato un progressivo ringiovanimento delle età di messa in posto dei filoni auriferi procedendo da Brusson (es. 31.5 Ma) verso Gondo (es. 10.5 Ma); l’età delle mineralizzazioni postdata sempre di qualche milione di anni l’età del metamorfismo mesoalpino, che nelle Alpi nord-occidentali è progressivamente più recente andando da sud-ovest verso nord-est.
Esempio di oro eluviale, in cui si nota ancora lo stato nativo del metallo prezioso nelle microfratture del quarzo idrotermale.
Per quanto riguarda il caso di Alagna-Pestarena, risultano età radiometriche per la deposizione della mineralizzazione aurifera attorno ai 29 Ma (Pettke et alii, 1999). Dal punto di vista strutturale, i depositi di Quarazza, Pestarena e Cani sono presenti lungo l’antiforme di Vanzone, la quale possiede una direzione circa parallela al Lineamento Insubrico (NE-SW) e risulta essere una struttura tardo-alpina. I più giovani depositi auriferi primari di Gondo (circa 10.5 Ma) sono invece associati alla faglia del Sempione, la quale risulta avere direzione circa SE-NW, quindi circa ortogonale alla Linea Insubrica e relativamente più tardiva rispetto l’antiforme di Vanzone (Lattanzi et alii, 1989).
Bibliografia
- Cerri R., Bettoni I. & Nanni V. (2017) - Il distretto aurifero del Monte Rosa: lo sfruttamento minerario di ieri per quello turistico-culturale di domani. Convegno “L’attività mineraria nelle Alpi, il futuro di una storia millenaria”; XXVI edizione, 1-81;
- Cesti G. (1984) - Primo contributo alla conoscenza dei filoni auriferi quarzo-solfurati dei comuni di Challand St. Anselme e Brusson (Aosta). Rev. Valdotaine d’Hist. Naturelle, 38: 37-60;
- Cesti G. (1985) - Secondo contributo alla conoscenza dei filoni auriferi quarzo-solfurati dei comuni di Challand St. Anselme e Brusson (Aosta). Rev. Valdotaine d’Hist. Naturelle, 39: 27-49;
- Curti E. (1987-a) – Isotope geochemistry and fluid inclusion studies on the late metamorphic gold-quartz veins of the Monte Rosa area, northwestern Alps, Italy: the origin of the metals and fluids. Unpub. PhD. Dissert, Swiss Federal Inst. Technology (Zurich), 1-117;
- Curti E. (1987-b) – Lead and oxygen isotope evidence for the origin of the Monte Rosa gold lode deposits (western Alps, Italy): a comparison with Archean lode deposits. Econ. Geol., 82: 2115-2140;
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- Petke T., Diamond W.L. & Villa M.I. (1999) - Mesothermal gold veins and metamorphic devolatilization in the northwestern Alps: the temporal link. Geology, 27: 641-644;
- Pipino G. (1982) - L'oro della Val Padana. Bollettino della Associazione Mineraria Subalpina, 1: 101-117;
- Pipino G. (2000) - L’oro del Monte Rosa e la sua Storia. Boll. St. Prov. Novara, 2: 16-31;
Sitografia
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